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7 dicembre 2012

Circo(stanze)


Passare di lato ad un cactus non è un esperienza bellissima soprattutto se non lo vedi, se a testa bassa ci vai a sbattere con una spalla contro e ti riempi di qualche spina. Qualcuna penetrando nei vestiti ti lacera anche la carne, facendo scendere un rivolo di sangue. “Dannazione” dici a te stesso (per non essere stato attento) e al cactus per la scelta di crescere li.
Non sapeva dove sarebbe giunto, gli avevano detto di proseguire dritto per quella strada e forse alla fine avrebbe trovato qualcosa. Non sapeva di che cosa si trattava. Camminava perché forse quella cosa promessa gli avrebbe risolto gran parte dei suoi problemi. Con gli occhi ogni tanto scorgeva l’orizzonte per vedere se finiva, ma ogni volta era un’illusione. Quando arrivava al termine, quando lontano scorgeva la linea dell’orizzonte e pensava di essere arrivato, subito se ne profilava un’altra di linea che gli faceva perdere la speranza. Quella strada a volte molto semplice altre molto tortuosa non si interrompeva mai. Ogni tanto qualche percorso la tagliava cercando di intercettare un altro orizzonte, ma lui da uomo deciso qual’era continuava per la sua strada senza pensare alle deviazioni. Non erano per lui, la sua testardaggine non gli faceva cambiare obiettivo e neanche orizzonte. Sarebbe arrivato alla fine, si era promesso, e forse ci sarebbe riuscito.  Il giorno lasciava lo spazio alla sera, implacabile e mite nel suo silenzio. Dolce come un abbraccio e amara come un pugno nello stomaco ma sempre con un termine ben definito . Almeno fino a quando il nuovo giorno non cominciava a spuntare tra le nuvole rimarcando la linea del suo probabile arrivo. Delle volte il suo passo era felice e sicuro come di chi sa cosa fare, e deciso si presta a compiere quei passi.  Altre volte erano lenti ed esitanti come di chi ha perplessità di quello che sta per fare. Quando arrivavano quei momenti faceva un lungo respiro ed immaginava quello che avrebbe trovato al di la e si convinceva che ogni titubanza erano attimi rubati alla sua felicità. Calava il capo e continuava. Aveva superato monti e colline e visto ogni genere di panorama un uomo riesca ad immaginare, compresi quelli impensabili. Quando ne incrociava qualcuno si fermava a contemplare, il giusto tempo per far un applauso alla natura e a quello che era stata in grado di offrirgli.
Con la spalla andò contro un cactus e un rivolo di sangue scese lentamente dalla sua vecchia ferita, ormai diventata soltanto un cattivo ricordo. Rivide il cactus e ci girò intorno una, due volte per vedere se era proprio quel cactus. Non ci credeva. Invece era proprio così. Si fermò a pensare arrivando ad una conclusione. Non cercava né l’inizio né la fine di quell'orizzonte. Cercava quel qualcosa che solo nel durante aveva trovato, quel qualcosa che solo lui avrebbe saputo, quel qualcosa che non avrebbe mai detto a nessuno, quel suo intimo segreto.

“…esser stato fregato”

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